Stazione Idrometrica

Stazione Idrometrica

La Storia

Le vicende della Stazione Idrometrica di Santhià rivestono un interesse notevole per la storia delle scienze idrauliche, in particolare dell’idrometria, ma anche perché riflettono le vicissitudini dell’irrigazione nei territori piemontesi e lombardi interessati dalla rete dei Canali Cavour.
Quando venne portata a termine quella colossale opera idraulica che è il Canale Cavour, si presentò quasi immediatamente l’esigenza di controllare le grandi portate d’acqua fornite per l’irrigazione con criteri fondati su leggi teoriche e sperimentalmente riconosciute esatte.
Già nel 1868 il Consiglio superiore dei lavori pubblici lamentò come il servizio dell’erogazione non fosse regolato da grandi principi informatori della materia e propose di dare la responsabilità dei relativi studi ad una Commissione di idraulici.
La proposta fu accolta, il Dicastero dei lavori pubblici in concerto con quello delle Finanze e della Pubblica istruzione istituì la commissione che ebbe come presidente l’ispettore del genio civile Possenti.
Questa commissione, avvalendosi della collaborazione fra gli altri dell’ing. Gabriele Susinno, dell’ing. Colli nonché dell’esperienza dell’ing. Carlo Noè, presentò il 9 Maggio 1870 il progetto di un modesto edificio sperimentale da costruirsi presso lo scaricatore del Canale Cavour nella Dora Baltea. Questo primo progetto allestito da una speciale sottocommissione composta dal prof. Richelmy e dall’ing. Colli consisteva in un sistema di vasche successive di proporzionata ampiezza alle cui estremità potevano essere accomodate le varie luci per le quali si poteva, attendendo la permanenza dei vari livelli, sperimentare i vari coefficienti di deflusso (coefficienti di riduzione delle portate).

Descrizione del primo progetto della Stazione
La Commissione scelse la strada di più vasche in serie di proporzionata ampiezza per poter condurre esperienze con diverse portate. Gli ingg. Colli e Richelmy proposero di fare su la sponda destra del Canale Cavour un’apertura laterale larga tre metri alla quale seguiva un canale in muratura largo anch’esso tre metri che, con una curva a 90°, si rendeva parallelo al Canale Cavour allargando la propria sezione sino ad una larghezza di 4,5 metri. Il fondo di questo canale era lungo 41,50 metri e diviso in quattro parti con uno scalino di 0,50 metri in modo da creare tre vasche successive: la prima vasca era lunga 15 metri e larga 4,5 metri era preceduta da cateratte finalizzate a regolare la quantità d’acqua da usarsi per ciascuna esperienza; alla fine della vasca potevano essere accomodate le luci da sperimentarsi. La seconda vasca era sempre lunga 15 metri e larga 4,5 metri ed alle sue estremità erano posti opportuni stipiti di pietra per accomodare le luci che dovevano essere assoggettate ad esperienza. La terza vasca lunga solo 8 metri e sempre larga 4,5 metri doveva servire solo per lo scarico in Dora dell’acqua utilizzata per le esperienze o come passaggio alla vasca misuratrice, stabilita a valle della stessa, nel caso si volesse ricorrere ad una vasca campionata allo scopo di misurare la portata.
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nella sua adunanza del 1 aprile 1870 approvò il progetto ritenendolo efficace per le esperienze con portate dell’ordine di 1 mc/sec e comunque valido anche per portate maggiori; la stessa Compagnia dei Canali Cavour nell’Ottobre del 1872 dichiarò di essere disposta a sostenere la spesa di costruzione preventivata in 31000 lire ma, forse con la complicità di una maturata coscienza della necessità di un’opera più grandiosa, questo iniziale progetto non esse seguito.
Anche all’estero la necessità di individuare i coefficienti di riduzione per portate consistenti, stava portando alla costruzione di impianti stabili o provvisori atti a misurare esattamente la portata di luci di grandi dimensioni, cioè quelle luci per le quali non fossero applicabili le formule per le luci di piccole dimensioni di Poncelet e Lesbros.
Il 23 Gennaio 1874 la Compagnia dei Canali Cavour tornò ad insistere sul problema reale della gestione dei canali stessi in quanto veniva erogata più portata del necessario a causa della mancanza di dati teorici e sperimentali relativi alle grandi portate. La Compagnia contemporaneamente faceva osservare che il problema specifico della gestione “esatta” delle acque della rete era un sintomo di un più generale problema della misurazione in genere delle acque, materia nella quale l’Italia fu sempre maestra: erano quindi necessarie esperienze in un campo molto più vasto di quello offerto dal primo progetto del prof. Richelmy e dell’ing. Colli.
Pochi mesi dopo i Canali Cavour passarono dal controllo della Compagnia a quello del Demanio e fu proprio l’Amministratore Generale dei Canali Cavour, il comm. Carlo Sospizio, nel 1881 a sollecitare l’Amministrazione dei Canali a riprendere in esame la pratica relativa alla progettata Stazione sperimentale. Fu nominata una nuova Commissione con il concorso del Ministero dei Lavori Pubblici, dell’Agricoltura e della Pubblica Istruzione, con l’incarico di studiare un nuovo progetto di edificio sperimentale. Con Decreto del 5 Febbraio 1885 veniva nominata la nuova Commissione presieduta dal prof. Turazza e di cui facevano parte il comm. Susinno, il prof. Nazzari, il cav. ing. Marchetti, gli ingg. Colli, Troncone e Mazzini.
La Commissione iniziò i lavori il 30 Aprile 1885; a questo punto è necessaria una breve esposizione dei concetti a cui i lavori si ispirarono.
La Commissione prese come riferimento le esperienze di Poncelet e Lesbros riguardanti il deflusso da luci di portata sino ai 139 l/sec. su di un carico di 1,74 metri, fatte nel 1827 e note per aver palesato difficoltà nella valutazione della vasca misuratrice delle portate. La Commissione però doveva creare i presupposti per fare sperimentazioni con portate varianti da 12 mc/sec sino ad un limite minimo di 10 l/sec (che allora erano le erogazioni massime e minime del Canale Cavour); le esperienze avrebbero dovuto durare per periodi di tempo non inferiori ai 3-5 minuti e lo scarso dislivello imponeva una non eccessiva altezza della vasca misuratrice. Fu opportunamente rilevato il grave inconveniente di dover sottrarre all’agricoltura l’acqua necessaria alle sperimentazioni: l’inconveniente fu eliminato individuando in prossimità di una derivazione da estrarsi dal Canale Cavour. Altri problemi si imposero all’attenzione della Commissione: quale sarebbe stato il metodo preferibile per versare l’acqua nella vasca campionaria e per derivarla da essa, come si sarebbe regolato il passaggio dell’acqua da una vasca all’altra con differenza di livello evitando oscillazioni dello stesso, la valutazione dell’influenza della velocità dell’acqua sui coefficienti di riduzione delle portate, le modalità esecutive delle esperienze, il tutto in rapporto alle esperienze già fatte cioè alle equazioni già ricavate e tarate (esperienze di Poncelet e Lesbros).
Il risultato finale e concreto dei lavori della Commissione fu il progetto della Stazione Idrometrica compilato per incarico della stessa dagli ingg. Turazza e Salvotta, progetto che preventivava 300.000 lire di spesa e che fu illustrato alla Commissione stessa il 18 febbraio 1886, approvato e trasmesso al Ministero un mese dopo, approvato il 14 Agosto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Bisogna aspettare sette anni per la presentazione del disegno di legge alla Camera dei Deputati: la fece l’allora Ministro del Tesoro Grimaldi il 15 Giugno 1893. Al disegno di legge fu favorevole il Parlamento che con la legge 6 Agosto 1903 diede vita giuridica alla Stazione Idrometrica.

Presa maggiore
La Stazione Idrometrica sorge in periferia dell’abitato di Santhià vicino all’intersezione tra il Naviglio d’Ivrea e la strada per Tronzano in un’area di circa 20.000 metri quadrati a ridosso del Naviglio e vicino alla centrale ENEL che ne sfrutta il salto (visibile dalla strada).
Il piano di campagna in prossimità delle prese è ad una quota di 189,2 m.s.l.m. mentre dalla parte opposta, cioè dove si trova l’entrata, è di 184,5 m.s.l.m.
L’acqua necessaria per le sperimentazioni da 10 a 12 mc/sec viene derivata dal Naviglio d’Ivrea mediante una derivazione di larghezza totale di 9,15 metri, divisa in sei luci uguali di 1,242 metri, separate con stipiti di pietra di larghezza pari a 34 cm, la cui soglia è elevata rispetto al fondo del Naviglio di 0,60 m; siccome normalmente l’altezza del pelo libero del Naviglio è di 1,75 m, è disponibile sulla presa un’altezza d’acqua di 1,15 m ed all’occorrenza anche altezze maggiori visto che in quel punto le sponde del Naviglio sono alte 2,40 m dal fondo.

Prima vasca
La prima vasca, lunga 55,5 m, larga come la presa ed a fondo orizzontale ha il compito di smorzare la turbolenza dell’acqua che entra dalla presa; da questa vasca si accede alla seconda con un salto di 0,20 m.

Seconda vasca
Tale vasca è larga 15 m, lunga 40,7 m a fondo orizzontale; divisa in tre parti con due scalini di 0,20 m, era luogo delle sperimentazioni a grandi portate. Dopo un altro scalino di 0,20 m la vasca è seguita da un raccordo ad imbuto la cui larghezza varia da 15 m a 6 m per consentire il raccordo con il canale.

Canale della presa maggiore
Largo 6 m, lungo 65,25 m con sponde in muratura, parte in linea retta dal raccordo ad imbuto e dopo una curva a 90° giunge ad un manufatto detto “grande apri-serra”.

Grande apri-serra
Ha la duplice funzione di scaricare l’acqua della sperimentazione o nel canale di scarico o nella vasca di misura posta in sponda sinistra. L’apri-serra è diviso in due parti una superiore ed una inferiore, in ciascuna di esse ci sono tre luci tutte sullo stesso piano verticale; dette luci sono larghe 1,02 m e sono separate da tramezzi di 0,62 m di larghezza. Il compartimento superiore comunica con lo scaricatore mediante tre canali susseguenti le tre luci superiori; il compartimento inferiore invece immette in una galleria che porta l’acqua alla vasca misuratrice. Ciascuna delle tre luci è gestita da una paratoia costituita da due tavolati distanti fra loro 2,25 m e vincolati da un telaio di ferro: quando una paratoia è sollevata il tavolato inferiore chiude la luce del compartimento inferiore e l’altra non interagisce con la corrente che va verso lo scarico con un livello sicuramente inferiore al 2,25 m, quando è abbassato il tavolato superiore sbarra la luce superiore e quella inferiore libera la luce inferiore consentendo all’acqua di riversarsi nella vasca tramite una galleria.

Paratoie a monte del grande apri-serra
Sono 4,6 m distanti dal grande apri-serra e chiudono tra luci larghe 1,13 m separate da piedritti che si prolungano a valle sino alle luci dell’apri-serra. Il loro scopo sarebbe di intercludere il passaggio dell’acqua in una o due bocche in esperimenti con minore portata cioè quando anche l’uso di una o due bocche per scaricare l’acqua non genera nel canale a monte alcun tipo di rigurgito.

Vasca di misura
Costituisce la più ampia vasca della Stazione Idrometrica ed è larga 20 m, lunga 30 m, profonda 2,70 m. Compresi i canali di immissione del grande apri-serra e del medio, la vasca ha una capacità di 1756 mc; ad ogni millimetro di altezza corrispondono 650 litri.
E’ importante una valutazione sul tempo di una sperimentazione a 12 mc/sec: il livello aumenta di 18,5 mm al secondo e l’esperimento non potrà essere più lungo di 146 minuti secondi; nel caso di sperimentazione a 3 mc/sec (derivazione minore) il livello dell’acqua aumenta di 4,7 mm al secondo con una durata massima dell’esperimento di 585 minuti secondo.
Questa vasca ha nella parte nord uno sfioratore lungo 30 m che comunica direttamente con lo scarico ed un tubo di ghisa di Æ 850 mm nell’angolo nordovest che versa l’acqua nel canale di scarico svuotandola in un tempo minimo di 15 minuti; un otturatore speciale chiude questo tubo di scarico. Come nota storica giova ricordare che per una registrazione attendibile e completa delle variazioni del pelo libero in una vasca così grossa l’ing. Salmoiraghi ideò il Crono-Idrometrografo che registrava le variazioni del livello del pelo libero d’acqua in un dato intervallo di tempo che poteva essere scelto appositamente dallo sperimentatore.
Per completare il discorso sulla derivazione maggiore bisogna dire che le luci modellatrici sulle quali si doveva sperimentare potevano essere applicate nella seconda vasca (che per questo motivo veniva detta vasca di sperimentazione) in corrispondenza dei punti dove sono stati messi dei risalti sul fondo e degli incastri in granito ai lati per adattare le barriere mobili atte a creare lo stramazzo; queste barriere mobili venivano costruite con l’uso di paratoie o di travicelli sovrapposti infilati negli incastri e sostenuti nel senso della corrente da cavalletti di ferro. Per la misurazione delle altezze d’acqua a monte degli stramazzi furono costruiti i “pozzetti idrometrici” ai lati dei canali ed in comunicazione con il fondo degli stessi.
Per potere osservare anche le dimensioni della lama d’acqua è stata prevista una passerella metallica scorrevole su guide di ferro che poteva essere mossa da chi la utilizzava tramite un manubrio e fermata in un determinato punto tramite una scarpa a morsetto.

Vasca di sperimentazione laterale
Si apre lateralmente dopo il raccordo imbutiforme precisamente a 34,75 m dall’ultima vasca di sperimentazione; questa vasca ha l’asse perpendicolare a quello della derivazione maggiore, ha sponde verticali murate ed è larga 3 m, lunga 21,45 m, l’apertura è divisa in due da uno stipite di granito ed il salto tra il fondo del canale e quello della vasca è di 1,10 m, la chiusura è identica all’apertura e l’acqua si scarica nella vasca di misura attraverso l’apri-serra delle medie portate.
Lo scopo di questa vasca di sperimentazione laterale è quello di trovare la differenza di carico di due luci uguali a parità di portata se queste sono poste in fregio ad un canale con sensibile velocità laterale dell’acqua od in caso di acqua tranquilla (in fondo alla vasca); la “pozzetta” lunga 4 m e larga 3 m posta al centro della vasca con il suo diaframma (simile ad una paratoia) è funzionale a sperimentazioni di questo tipo avendo il compito di smorzare le piccole perturbazioni del pelo libero dell’acqua.

Presa minore
Tale edificio idraulico si trova a valle della derivazione maggiore con una distanza, da asse ad asse, di 30 m, la sua soglia si trova elevata di 0,60 m dal fondo del Naviglio d’Ivrea, la bocca d’estrazione è larga 4,06 m divisa in tre luci di 1,10 m ciascuna separata da stipiti in granito di 0,28 m di larghezza: queste luci sono regolate da paratoie di ferro manovrabili a mano che permettono di convogliare un massimo di 3 mc/sec di portata.
Lo scopo di questa derivazione era essenzialmente l’alimentazione di esperimenti su portate paragonabili a quelle già utilizzate nelle ricerche d’idraulica fatte sino ad allora e l’alimentazione di esperimenti a 300 l/sec come esercizio per allievi della Scuola d’applicazione d’Italia.

Vasche di smorzamento
All’edificio di presa della presa minore fa seguito un bacino lungo 8,80 m, largo quanto la bocca di presa ed a fondo orizzontale; indi una vasca lunga 12,05 m, larga 4,94 m da cui, con un salto di 0,27 m, si arriva ad una terza vasca lunga 12 m, larga 7,5 m.
Le località dove si possono accomodare le luci sono individuabili dalla presenza dei “pozzetti” idrometrici”.
Una ulteriore vasca lunga 20 m e larga 10 m è destinata a smorzare i moti vorticosi ed ondosi derivanti dalla caduta delle acque dalle luci di sperimentazione. Questa vasca può alimentare una laterale ed una sullo stesso asse longitudinale. Quest’ultima larga 5 m e lunga 34,65 m, ha all’inizio una pozzetta simile a quella della vasca di sperimentazione laterale.
Le prime luci di prova possono essere ubicate a 10 m di distanza dall’inizio della vasca, per questo motivo vi è una divisione in tre luci larghe 1,40 m da due stipiti di pietra larghi 0,40 m ciascuno. Queste tre luci versano l’acqua nella rimanente tratta lunga 24,65 m con fondo più basso di 1,42 m. Questa seconda parte della vasca ha a metà del suo sviluppo una pozzetta identica alle altre due e con lo stesso scopo: smorzare i moti vorticosi innescati dal salto tra il fondo di queste due parti della vasca; la parte finale di questa vasca non è divisa in luci tramite stipiti è perciò possibile sperimentare luci larghe anche 5 m cioè la lunghezza della vasca stessa.

Apri-serra delle medie portate
L’acqua dalla vasca di smorzamento delle medie portate si versa attraverso un canale con fondo depresso di 1,42 m nell’apri-serra delle medie portate che, con un funzionamento assai simile a quello delle grandi portate, è finalizzato a convogliare le acque o nella vasca misuratrice od allo scarico con un sistema di paratoie ortogonali fra loro e collegate in modo tale da ottenere la chiusura di una luce, quella dello scarico ad esempio, e l’apertura dell’altra, quella della vasca misuratrice, o viceversa.

Vasca di sperimentazione laterale
Questa vasca è lunga 21,60 m e larga 5 m ed inizia con una pozzetta per smorzare i movimenti dell’acqua analoga a quelle descritte precedentemente. Nella sponda destra di questa vasca sono praticate due aperture che possono ospitare le luci per la sperimentazione che può raggiungere una portata massima di 300 l/sec: la prima è larga 1,40 m ed è seguita da un canale ugualmente largo, sulla parete sinistra di questo canale sono praticate due aperture una che porta allo scarico o ad una piccola vasca misuratrice, la seconda conduce l’acqua nella “torre degli efflussi”. una terza apertura è ricavata successivamente in sponda destra e porta l’acqua, per mezzo di un canale, all’apri-serra delle medie portate e quindi alla grande vasca misuratrice. Il canale largo 1,40 m e lungo 7,20 m è stato costruito solo perché avrebbe comportato una piccola spesa.

Torre degli efflussi
La torre degli efflussi è composta da una vasca di lunghezza di 3,20 m e di larghezza di 2 m. Per evitare un salto troppo grande sotto la bocca di immissione, questa vasca per una lunghezza di 1,50 m ha solamente la profondità di 1,95 m, mentre verso la parete, per la residua lunghezza di 1,70 m ha la profondità di 4,25 m. Le luci sono scolpite nella parete della torre e sono quattro, di sezione quadrata di 0,60 m di lato con asse sulla stessa verticale. La luce più bassa ha il labbro inferiore a 4 m sotto la soglia della luce d’immissione: si potrà quindi misurare la portata delle luci con carichi compresi tra 0 e 5,30 m. Le bocche vengono chiuse da una piastra di ghisa mentre su piastre di ferro si scolpiranno le bocche che dovranno essere soggette a sperimentazione.
Il sistema di apertura e chiusura delle piastre sarà regolato da rulli a catena e manovella già adottati dal Michelotti nella torre idraulica della Parella, che era riprodotta a titolo di ricordo nello stabilimento idraulico della Regia Scuola di Applicazione di Torino. L’eventuale scarico dell’acqua della torre è affidato ad un tubo di ghisa di diametro 150 mm con otturatore che si unisce al tubo di scarico della piccola vasca misuratrice.

Piccola vasca misuratrice
La Stazione Idrometrica di Santhià era stata progettata anche per gli esperimenti a 300 l/sec in quanto quella grande, per così piccole portate, avrebbe dato variazioni di livello praticamente non misurabili con precisione. La vasca lunga 8 m, larga 7 m, profonda 2,40 m tenuto conto del canale d’immissione dell’apri-serrra Colli (di cui si parlerà più tardi), ha una capacità di 140,38 mc ed ogni millimetro di aumento dell’altezza del pelo libero corrisponde nella vasca ad un volume di 58,5 l cioè un esperimento a 300 l/sec genera un aumento del livello di 5 mm per secondo e la durata massima dell’esperimento sarà di 7’48”. Anche per questa vasca si usava il Crono-Idrometrografo e lo sfioratore posto sul lato Nord lungo 8 m versa l’acqua direttamente nello scaricatore per poter fare esperimenti con vasca piena: lo svuotamento completo è affidato ad un tubo con otturatore nominato in occasione della vasca di misurazione.

Secondo canale della vasca di sperimentazione laterale
Parte della seconda apertura in sponda destra della vasca di sperimentazione laterale è larga 3 m, lungo 21 m. Il fondo di questo canale è depresso rispetto a quello della vasca laterale di 1,70 m ed a metà è munito della solita pozzettta con diaframma che, se opportunamente abbassato, può creare rigurgiti di vario tipo. A seconda dei casi le luci potranno essere collocate all’estremità del canale; l’ingresso è diviso da uno stipite ma non lo è la parte terminale per poter sperimentare luci di larghezza sino ai 3 m; anche qui sono stati previsti due pozzetti idrometrici per misurare il livello immediatamente a monte della luce e nel punto in cui il liquido si ritiene stagnante.
L’acqua, dopo l’estremità inferiore del canale, si getta con un salto di 1,70 m in un canaletto di immissione che porta all’apri-serra Colli.

Apri-serra Colli
Serve per convogliare l’acqua o nella piccola vasca misuratrice oppure nel canale di scarico. Questo apri-serra ideato dall’ing. Colli e presentato alla Commissione Governativa nel 1885, consiste in due luci rettangolari e parallele fra loro, lunghe 1,75 m, larghe 0,20 m cadauna, con la possibilità di scaricare 350 l/sec ciascuna. Queste luci sono chiuse da un otturatore di ghisa di dimensioni pari ad una lunghezza di 1,85 m ed una larghezza 0,30 m; questi due otturatori sono uniti fra loro mediante un telaio scorrevole su quattro ruote e sono disposti in modo da aprire una luce e contemporaneamente chiudere l’altra.

Analisi del sistema di paratoie
Nei sotterranei della Palazzina fu installato un compressore a pompa a doppio effetto, capace di aspirare 2,6 mc/min di aria e di comprimerla nel serbatoio pneomatico principale alla pressione di 7 atm effettive; al compressore fu applicato un regolatore automatico della pressione per mantenerla costante. Il serbatoio principale ha la capacità di 3 mc e da esso parte una conduttura in ferro di diametro di 48 mm per uno sviluppo di 175 m e di diametro di 64 mm per uno sviluppo di 60 m. Lungo questa conduttura vi sono serbatoi ausiliari di capacità di 600 l cadauno e precisamente uno presso l’imbocco della vasca laterale, uno presso la “torre degli efflussi”, altri due presso i due apri-serra delle medie e grandi portate. Ciascuna paratoia venne dotata di un cilindro pneomatico per la sua manovra costituito da un cilindro a corpo di pompa nel quale è perfettamente alesato uno stantuffo su cui agisce l’aria compressa sia sulla faccia superiore, per fare scendere la paratoia, che sulla faccia inferiore, per farla salire; il tutto mediante l’uso di un rubinetto di distribuzione.

La palazzina degli uffici della Stazione Idrometrica di Santhià
A dominio della vasta area occupata dalle vasche di sperimentazione si ritrova l’edificio della Palazzina degli uffici.
Costruita contemporaneamente all’intera struttura idraulica, la palazzina ha uno stile sobrio conforme a molte architetture “fin de siècle, XIX” con semplici concessioni decorative.
La realizzazione dell’edificio sembra costituita da due elementi compositivi distinti: un blocco di due piani a pianta rettangolare e una struttura “a torre” che contiene l’impianto delle scale e che soverchia la parte abitativa di un piano.
Le coperture sono contornate da un’agile balaustra sormontata nel blocco quadrangolare da un fregio a volute sovrapposte.
Di particolare interesse risulta il disegno architettonico e l’organizzazione dei vari ordini della finestratura della torretta del vano scale.
Il piano seminterrato, caratterizzato da interessanti volte in cotto, ha una superficie di 147,17 m2 ed originariamente era destinato ad ospitare i macchinari di movimentazione della centrale idrometrica.
Il piano-terra e il primo piano, oggi in stato di abbandono, sembravano destinati rispettivamente ad uffici e sale di rappresentanza e superiormente a residenza del responsabile della Centrale Idrometrica.

Il Canale di Alimentazione della Stazione
Nella parte descrittiva ci si è riferiti al Naviglio d’Ivrea come canale che forniva la portata necessaria alla Stazione sperimentale di Santhià. In realtà oggigiorno il Naviglio d’Ivrea termina unendosi al canale Depretis nell’edificio detto della Restituzione e da lì parte un canale detto Ivrea-Restituzione che arriva in periferia di Santhià, dove è sita la Stazione sperimentale. Esso alimenta con il Salto della Stazione una centrale elettrica dell’ENEL e, uscendo dall’abitato, corre parallelo vicino alla strada statale per Vercelli versando le sue acque nel Canale Cavour nel dispositivo di compensazione della Naja.
Prima del 1911 esisteva una diversa situazione: queste notizie si possono ricavare da una causa intentata dall’Amministrazione dei Canali Cavour ad un certo cav. Ugliengo, industriale di Santhià e proprietario di un Mulino che traeva forza elettromotrice dalle acque del Naviglio d’Ivrea. La situazione stava in questi termini: il Naviglio d’Ivrea provenendo dal fiume Dora proseguiva con continuità in Santhià entrando nel centro abitato, alimentando il Mulino del cav. Ugliengo ed usciva puntando verso Vercelli; con la Legge del 6 febbraio 1887 lo Stato autorizzò la costruzione di un nuovo canale della portata di 30 mc/s, il quale partendo dalla sponda destra del Canale di Cigliano (ora Depretis), aggirando l’abitato di Santhià a fianco della ferrovia Santhià-Biella ed attraversando l’altra ferrovia Torino-Milano nonché correndo parallelo alla medesima, si scaricava nel Canale Cavour a monte della tomba di sottopassaggio della ferrovia stessa.
Con una seconda legge, la n. 446 del 6 agosto 1893 (Atto patrimoniale n. 4556 dell’Archivio Storico Canali Cavour), si optò invece con l’esecuzione del progetto di congiunzione del Canale Depretis con il Canale Cavour per mezzo del Naviglio d’Ivrea ampliato e sistemato fra l’edificio della Restituzione e la Naja. Per sistemazione si intese una deviazione presso Santhià con un nuovo canale che passasse in periferia.
La causa (Atto di causa 28/512 Archivio Storico Canali Cavour) concerneva il fatto che il cav. Ugliengo, avendo stipulato un contratto con l’Amministrazione dei Canali Cavour in cui l’industriale si era impegnato a costruire opere di derivazione presso il Salto della Stazione per alimentare il Mulino, non adempiendo ai suoi obblighi, per sopraggiunti differenti interessi, ostacolava l’ultimazione del Salto. Dai testi della sentenza di Cassazione si ottiene l’indiretta, ma non arbitraria, informazione che ancora nel Novembre del 1911 i lavori per l’ultimazione della Stazione erano tutt’altro che ultimati: tenendo conto che erano cominciati nel 1894 si può già avere un’idea della difficoltà nell’esecuzione di questa opera o, perlomeno, della lentezza dei lavori.

 

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