L’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia

Nella seduta del 22 Settembre 1851 del Consiglio Provinciale di Vercelli, Presidente il Conte Camillo Cavour in allora Ministro dell’Agricoltura e Commercio, era all’ordine del giorno la discussione sul progetto per l’affittamento delle acque demaniali ad una associazione generale di utenti allo scopo di affidare direttamente agli agricoltori, riuniti in associazione, la gestione delle acque fino allora concessa dallo Stato a privati appaltatori.

Il progetto di massima presentato al Consiglio Provinciale conteneva due principi che si dimostrarono determinanti per lo sviluppo dell’Associazione:

  1. L’obbligo di tutti gli associati di accomunare le loro acque con quelle della società a quei patti ed a quelle condizioni da determinarsi dagli statuti definitivi della società.
  2. Il vincolo a favore della società di tutte le acque vive di sovrabbondanza e le colaticcie delle irrigazioni.

Si affermava quindi il proposito di accentrare tutte le acque in una gestione unitaria affinché l’utilizzazione integrale delle acque sostituisse un beneficio d’ordine generale a cui tutti gli utenti partecipassero in eguale misura.

Tali norme vennero inscritte nel primo Statuto dell’Associazione di Irrigazione all’Ovest del Sesia, elaborato in successive sedute del Consiglio Provinciale degli anni 1852 e 1853 unitamente allo schema del Capitolato di affittamento delle acque dei Canali Demaniali derivati dal fiume Dora Baltea.

I successivi Statuti mantennero le caratteristiche essenziali del primo.

Il 7 Maggio 1853 Camillo Cavour, Presidente del Consiglio, presenta ed ottiene alla Camera l’approvazione del progetto di legge, costitutivo dell’Associazione tra tutti i proprietari dei beni rurali all’Ovest del Sesia concludendo il suo discorso con queste indimenticabili parole:

«L’esperimento che vi è proposto ed a cui prendono parte 3500 agricoltori riuniti in associazione, voi dovete approvarlo, non solo in vista dei vantaggi economici e finanziari che esso reca, ma altresì perché è un gran fatto, un fatto nuovo, non solo in questo Paese, ma oserei dire in tutta l’Europa, atteso ché questa sarebbe la più larga applicazione dello spirito di associazione che siasi fatto alla agricoltura. Se questo riesce, o Signori, se noi giungiamo a costituire un’associazione di 3.500 agricoltori, questo esempio produrrà un immenso effetto sugli agricoltori di altre, Province e farà sì che non sarà difficile il costituire associazioni, agricole, non solo allo scopo di irrigare terreni, ma nell’intento di compiere varie imprese le quali possono tornare a vantaggio ed utilità grandissima della agricoltura».

La legge veniva emanata il 3 Luglio 1853 col numero 1575.

Il Capitolato unito alla legge concedeva alla Associazione l’affìttamento per anni trenta, a cominciare dal primo gennaio 1854, elle acque demaniali derivate dal fiume Dora Baltea da tre canali principali: Naviglio di Ivrea, Canale di Cigliano e Canale del Rotto, moduli (albertini) 570 d’acqua in totale, ossia 33,06 metri cubi al secondo. Nell’affìttamento erano compresi tutti i canali e le attrezzature demaniali più lo stabilimento di Salasco per il deposito e la lavorazione del risone versato dagli utenti a titolo del pagamento in natura: un sesto del raccolto più litri 80 di risone verde per ettaro che venne dopo un triennio sostituito con una quota sociale in denaro.

L’Associazione si impegnava a corrispondere un fitto annuo di lire 800 per modulo (58 litri secondo) e sarebbe rimasta concessionario esclusivo.

I nuovi canali occorrenti sarebbero riscattati dai privati o costruiti dallo Stato e concessi all’Associazione comprese le eventuali derivazioni dal Po per lire 1000 al modulo.

Le concessioni vennero rinnovate per due trentenni e di un successivo cinquantennio in scadenza col 1986.

Costituita l’Associazione, sulle direttive del Conte di Cavour, si sviluppa l’azione dello Stato per riscattare le acque private ed unirle sotto un’unica disciplina e, parallelamente, l’iniziativa dell’Associazione per la costruzione dei nuovi canali di raccordo fra le reti esistenti e quelle di nuova acquisizione, fino allora adibite a necessità limitate e particolari, in modo da formare con tutte le acque disponibili una massa quanto più possibile unica ed omogenea e consentire rapidi spostamenti di acque fra le varie zone del territorio a seconda delle necessità contingenti della rispettiva irrigazione in funzione dei diversi ordinamenti colturali (riso, prato, sarchiate).

Con un ritmo di lavori che, visto a distanza di circa un secolo, non può che destare la nostra ammirazione testimoniando il fervore degli agricoltori nella trasformazione colturale che caratterizza tale periodo storico dell’evoluzione dell’agricoltura Vercellese, l’Associazione provvede alla riforma delle vecchie reti irrigue correggendo tracciati, sostituendo gli edifici in legname con manufatti in muratura, e costruisce le reti secondarie e terziarie nelle zone di nuova irrigazione ed i cavi di raccolta e di ricupero delle acque di colatura per l’utilizzazione integrale delle acque.

Già nel primo anno l’Associazione apre il Cavo Tramporo che porta sui terreni di Costanzana le acque della Roggia Mussa pervenuta al Demanio con l’acquisto delle acque del Comune di Tricerro, il cavo Mula ormai abbandonato, i cavi di Sali, di Olcenengo e della Sorte, tutti costruiti per portare acqua nei territori predetti o per raccogliere colature ed i lavori continuano per tutto il trentennio 1854 1884 con l’apertura di altri cavi per l’imponente spesa di L. 311.656 (v. allegato n. 1).

Nello stesso anno 1854 il Parlamento, su proposta del Conte di Cavour, approva la convenzione per l’acquisto dall’Ordine Mauriziano per lire 105.000 in titoli del debito pubblico al 5 % i tre poderi di Pobietto, Gazzo e Rolosino situati tra Vercelli e Casale: il Ministro precisò che interessava allo Stato acquistare le acque ed i canali inerenti a quei tenimenti, tra gli altri il Cavo Pobietto o Magrelli, che dal Naviletto di Saluggia con un percorso di 35 chilometri servirà, dopo l’ampliamento, all’irrigazione della lunga fascia dei comuni rivieraschi del Po. Il Demanio vende poco dopo all’incanto il tenimento di Gazzo e nel 1857 permuta il Tenimento di Pobbietto con tutti i cavi e le ragioni d’acqua dell’Ospedale di Vercelli. Entrano in tal modo nell’orbita dell’Associazione tutti i terreni latistanti al Po da Trino fino alle foci del Sesia e tutta la larga fascia che divideva da Salasco a Pezzana la pianura Vercellese per il collegamento delle linee dei canali di Ivrea e di Asigliano.

Lo Stato tendeva così, per opera personale dello stesso Cavour, ad acquistare tutte le acque del Vercellese: nel 1856 acquista per lire 35.000 le acque del dottor Felice Monaco in Olcènengo e Vercelli, nel 1857 per lire 17.000 in titoli del debito pubblico il Roggione di Vercelli, il Cavo Francese in Prarolo dai fratelli Scappa, il gruppo di cavi di Casanova e Quinto dal Conte Avogadro di Casanova. Liberati in tal modo da vincoli privati le acque derivate dai fiumi Elvo e Cervo ed ampliato nel 1859 il Canale di Cigliano da 18 a 55 metri cubi al secondo, su progetto dell’ingegnere Carlo Noè ispettore dei Regi Canali, mediante la spesa di 1.800.000 lire le acque di Dora trovavano la via per raggiungere nel Sesia, alla chiusa di Palestro, l’imbocco del Canale di Sartirana, acquistato dal Marchese Arborio di Gattinara, a servizio della Lomellina. Tutti questi cavi venivano concessi all’Associazione che, con azione parallela, costruiva i canali distributori, il cavo Navetta per portare nel territorio di Casale Popolo le acque del Canale Magrelli, il Cavo Cornassino, per l’irrigazione del territorio di Terranova.

Sopravvenivano gli storici eventi del 1859 e del 1860, il Conte Cavour moriva il 6 Giugno 1861, e soltanto una parte del programma irriguo iniziato dal grande Statista poteva essere portata a compimento: nello stesso 1861 il Demanio acquistava all’incanto i cavi e le acque del Conte Maistre per l’irrigazione dei terreni di Stroppiana, Pertengo, Rive e Motta dei Conti. L’estensione dei terreni irrigati induceva il Governo Piemontese ad una revisione catastale dei terreni e con legge 1° Luglio 1857 Vittorio Emanuele II disponeva «l’introduzione in catasto dei beni rurali censibili e non censiti e la modificazione dell’estimo di alcuni altri ridotti a coltura, a nuova produzione, resi irrigui, o sottratti all’irrigazione».

Dai rilievi preparatori del Catasto del 1860 si ha il risultato della trasformazione fondiaria conseguente alle nuove irrigazioni: di incolti non restavano nella circoscrizione di Vercelli che ettari 6.938 pur comprendendovi i ghiaieti prossimi ai fiumi, pari al 5% del territorio, e la risaia, occupando il posto dei boschi, gerbidi, pascoli, dai 7.254 ettari del 1700 avanza a circa 30.000 ettari.

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