L’inondazione artificiale del vercellese nella campagna del 1859

Respinto «l’ultimatum» dell’austria al Piemonte perché si disarmasse, il 28 aprile 1859 l’Imperatore firmava la dichiarazione di guerra ed il mattino successivo le prime truppe austriache superavano il Ticino nel tentativo di isolare l’esercito piemontese prima dell’arrivo degli aiuti francesi.

Con la proclamata intenzione di una rapida marcia su Torino il Maggio l’armata austriaca del maresciallo Giulay, occupate Morra e novara ripiegava dopo diciassette giorni, il 19 Maggio, oltre il Sesia senza colpo ferire: la pianura Vercellese, impaludata da una imponente massa d’acqua che cancellava traccia di strade e sentieri, aveva troncato la marcia del nemico invasore.

P. C. Boggio, nella sua Storia politico militare della guerra dell’Indipendenza Italiana (Vol. I, pag. 551) rileva l’ importanza decisiva che allo scopo di rendere, piucché si potesse, lento e difficile il cammino dell’esercito invasore, ebbe l’inondazione dell’agro vercellese. Sopratutto giovò così scrive il Boggio – l’ inondazione generale di quei territori che per essere coltivati a risaia e a praterie artificiali, trovansi intersecati da canali e circondati da ogni parte dalle acque.

L’avvenimento ebbe anche l’onore di essere particolarmente illustrato dal Conte di Cavour, che, nella tornata dell 22 giugno 1860 del Parlamento, disse: “Mi si permetta di parlare di volo di questo fatto che onora altamente il nostro Paese. Di questo avvenimento, mi sia lecito il dirlo, non si è tenuto conto abbastanza; se fosse accaduto in altri paesi se ne sarebbe parlato molto di più, e l’impressione all’estero ne sarebbe stata più viva. E invero, o signori, se coll’incendio della città di Mosca l’impero russo ha potuto respingere l’invasione francese, io credo che a buon diritto noi possiamo affermare che mercé dell’allagamento della intera provincia Vercellese, noi abbiamo impedito all’invasione austriaca di estendersi fino alla Capitale. Senza questa risoluzione arditamente ordinata dal Governo e mirabilmente eseguita dal distintissimo Ingegnere Cavalier Noè, e alla quale cooperarono con esemplare abnegazione le popolazioni, certamente questa sala medesima sarebbe stata profanata dalle armi straniere”.

Nello stesso volume del Boggio è inserita la relazione con cui l’ing. Carlo Noè, che aveva studiato il piano di allagamento e ne aveva diretta l’esecuzione, rendeva conto delle eseguite operazioni.

Nessuna descrizione dell’avvenimento può risultare più efficace della lettura di questa relazione veramente singolare per le sue doti di sobrietà, di precisione e di chiarezza. Scrive l’ing. Carlo Noè sotto il titolo “Delle artificiali inondazioni fra la Sesia e la Dora Baltea prodotte colle acque dei Canali, con strategico intendimento, nel rompersi guerra dell’Austria contro il Piemonte sul finir dell’aprile 1859.”

“A contrastare il movimento dei popoli Italiani per la nazionalità ed indipendenza, reso più forte ed ardito pel manifesto appoggio della Francia, l’Impero Austriaco, la cui influenza politica e morale sulla Penisola trovavasi vieppiù compromessa e pericolante, addì 23 aprile 1859 intimava formalmente al Piemonte, per sagace e generosa iniziativa fattosi vessillo d’Italia, desistesse, o l’avrebbe costretto colle armi; tempo tre giorni a deliberare.”

“Sdegnosamente respinta siffatta intimazione, nulla temendone le conseguenze, il Piemonte trovavasi solo a resistere contro il primo urto dell’Austria, intantochè sollecitava il potente concorso della di lui alleata la Francia.

Non era perciò soltanto un giusto punto d’onore che richiedesse di salvare anzitutto la capitale da una invasione nemica, ma una vitale e suprema importanza, poiché per tal guisa unicamente si potesse la discesa delle truppe Francesi proteggere che numerose dalle alpi movevano in aiuto.”

“In tanta angustia di tempo e di fortuna, tutti i mezzi di difesa dovevansi porre in opera, anche i più straordinari, dei quali per avventura la Provvidenza avesse fornito il nostro paese, avvenga ché l’esercito del Piemonte, per numero inferiore di molto a quello nemico, non bastasse a munire validamente, in tutta l’estensione, nessuna delle linee di difesa del Ticino, della Sesia e della Dora Baltea col Po.”

“Abbandonate pertanto le linee del Ticino e della Sesia, munito di opere fortilizie il ciglione della sponda destra della Dora Baltea, e stanziato il grosso dell’esercito da Casale ad Alessandria, necessitava trovar modo di ritardare al nemico la marcia verso i passi della Dora conducenti alla capitale, per così lasciar tempo allo ingrossarsi delle truppe Francesi; imperocchè troppo fatale cosa sarebbe stata, se il nemico avesse potuto avanzarsi a Torino, primachè gli eserciti alleati si trovassero poderosi a resistergli a fronte od a minacciarne la ritirata: la capitale invasa e forse manomessa, battaglie combattute a piè delle alpi, l’esercito francese diviso impria di essere ordinato; insomma gravissimi mali e guerra più difficile, disastrosa e lunga.”

“Né il ritardo alla marcia del nemico aveva a durar lungo tempo per costringere ad abbandonare il divisato suo progetto d’irrompere su Torino. Allo stato delle cose due o tre giorni potevano bastare a determinarlo di rinunziarvi, essendochè la sua ritirata restasse troppo problematica ove il suo piano indugiasse ad essere eseguito.”

“A questo già mirava il valente generale S. E. Alfonso della Marmora che dal 1848 teneva la somma delle cose di Guerra, quando, in previsione di un possibile conflitto coll’Austria, sin dal 1854 concepì il pensiero di ricorrere alle inondazioni artificiali, ove si fossero potute effettuare con le acque della Dora Baltea.”

“Con tale intendimento recavasi segretamente in un giorno stabilito onde ispezionare meco l’agro bagnato dalla Dora Baltea al declivio della sponda destra della Sesia; ed egli ben ricordò l’esito della fatta gita, e come restasse accertato della possibilità di eseguire, occorrendo, in larga scala l’accennato disegno, nonché la convinzione colla quale io gli esponeva la fiducia di riuscirvi ove ne avessi l’incarico.”

“Difatti il 22 aprile con dispaccio confidenziale del Ministro delle Finanze commendatore Lanza io veniva collocato a disposizione del Ministero di Guerra onde eseguire gli ordini che mi verrebbero dal medesimo trasmessi (all. 1) ed a seguito delle conferenze tenute in quei giorni anche coll’intervento dei generali Menabrea, Cialdini e colonnello Cugia, riceveva da detto Ministro di Guerra altro dispaccio confidenziale (all. 2) con cui era richiesto di dar mano al concertato allagamento e di adottare tutti quegli altri mezzi più efficaci a conseguirlo, alfine d’impedire l’avanzamento dell’armata austriaca dalla Sesia alla Dora Baltea.”

“L’importanza della missione che mi si affidava venne da me pienamente apprezzata, ed incoraggiato anche dagli eccitamenti ben lusinghieri del Presidente del Consiglio dei Ministri, S. E. Conte di Cavour, e dei Ministri S. E. della Marmora e commendatore Lanza, volonteroso mi si accinsi tosto, nell’intento di corrispondere pienamente alla illimitata fiducia in me riposta dal Governo.”

“Ecco in qual modo io prestabiliva il sistema a tenersi per procedere con ogni possibile speditezza ed efficacia alla commessami operazione.”

“I canali che solcano la zona di terreno tra la Dora Baltea e la Sesia, per le cui acque si ha la sorgente della di lui fertilità, sono quelli di Ivrea, di Cigliano e del Rotto, tutti emissari di quella, con le numerose diramazioni dei medesimi.
Quindi è, che la particolare condizione di detto terreno, quasi tutto disposto alla irrigazione agraria, ed in considerevole parte destinato alla coltura del riso, epperciò già inondata, doveva facilitare la attuazione di un artificiale allagamento del medesimo, operando opportuni sbarramenti trasversali ai loro letti in alcuni punti.”

“La circostanza poi dell’ampliazione del canale di Cigliano per la comunicazione diretta della Dora colla Sesia a vantaggio della Lomellina, la quale appena poco prima era stata condotta a segno da poter disporre di un corpo d’acqua di due terzi maggiore dell’antico, non poteva a meno di essere da me ravvisata «come un fatto provvidenziale.”

“Difatti per tale operazione che durerà a prova dell’oculatezza ed attività del Governo Piemontese, effettuata dalla Impresa Gianoli e Faja sotto la mia direzione quasi per incanto in ottanta giorni di lavoro, si aveva pure l’inopinato doppio vantaggio, e della naturale barriera che, colla distruzione dei ponti, per fortuna nella generalità ancor provvisori, poteva offrire l’ampio letto del canale stesso e dell’accresciuta quantità d’acqua che se ne poteva derivare.”

“Con questi elementi io mi aveva adunque a mia disposizione un corpo d’acqua di 1560 e più moduli d’acqua, corrispondente a metri cubi 90 e più per secondo di tempo. Ma l’effetto dell’ideato inondamento doveva tornare pressoché inutile, ove di pari passo non si fosse fatto procedere quello dell’intercettamento delle strade provinciali e comuni col quale doveva essere coordinato. A tale scopo a tratti a tratti sarebbero operati tagli larghi due metri, profondi centimetri venti più dei fossi laterali, ed estratti, ove eranvi, i paracarri, si sarebbero disposti attraverso le strade per ingombro, anche alfine di rimuovere, ove fosse possibile, ogni segnale delle medesime.”

“Così le acque nel loro decorso invaderebbero colle campagne di preferenza i fossi ed i tagli accennati, sommergendo le parti più depresse, e nel loro corso radunando in questi, depositi melmosi, i quali al cessare anche dell’allagamento, resterebbero un ostacolo molesto e ripetuto per cui lo avanzarsi di un corpo d’armata regolare non poteva essere che faticoso e lento: come lo provò il fatto allorquando le nostre truppe dovettero spiegarsi verso la Sesia.”

“Stabilito in tal modo il mio piano d’operazione, mi adoperai a tutt’uomo per tosto effettuarlo, recandomi fin dal 24 su vari punti, ed emettendo tutte quelle disposizioni parziali e generali per cui « si potesse simultaneamente operare l’allagamento.” “A norma delle ampie facoltà concessemi dal Governo (all. 3) nella previdenza delle contestazioni che dalle popolazioni dei vari territori da inondarsi potevano insorgere, l’Intendente Generale di Vercelli, commendatore Boschi, colla consueta sua prontezza mi venne perfettamente secondando, e diramava ai singoli Sindaci apposita circolare notificante la mia missione, con eccitamento a prestarsi in quanto io potessi da loro abbisognare.”

“Nel mattino del 25 su tutti i punti dei territori superiori da me designati gli sbarramenti trasversali nei canali di mano in mano si effettuavano, e le acque prendevano per ogni dove a sommergere le campagne adiacenti, portando la mia attenzione di preferenza su Crescentino, Saluggia e Cigliano, avvenga ché io riputassi, essere questa la prima barriera da frapporsi allo avanzamento del nemico verso Chivasso: e tanto mi vi adoperai, che segnatamente il territorio di Crescentino e sue adiacenze al passo della Dora di Sant’Anna, siccome più scoperto e di facile passaggio, si trovasse, e lo fu di fatto, letteralmente convertito in un lago.”

“L’operazione procedeva alacremente, continuandosi i lavori dì e notte senza interruzione, valendosi all’uopo di un drappello di cavalleria posto a mia disposizione dal Governo a tutela del buon ordine e per la corrispondenza.”

“Addì 28 non restavano a sommergersi che i territori di S. Germano e Santhià, appositamente gli ultimi da me riservati per dar passo ai Reggimenti di Cavalleria che da Vercelli dovevano ritirarsi, portandosi per San Germano, Santhià, Alice e Borgo d’Ale, a Cigliano. Questa ritirata aveva luogo il giorno appresso, e poco dopo, l’inondazione col guasto delle strade era ultimata, ed ogni comunicazione interrotta.” “Il Ministro delle Finanze non standosi pago di esserne messo a parte colla corrispondenza telegrafica, venne a riprese in persona a prendere particolarizzati ragguagli con mio conforto. Però, siccome l’efficacia dei mezzi adoperati doveva pure di pendere dal continuo stagnamento delle acque, naturale conseguenza della chiusura degli sbocchi distributori delle acque d’irrigazione, perciò io vi provvidi ordinando custodi che li sorvegliassero, ed acquaioli per la continuata immissione delle acque.”

“Altro più non restava d’insommerso che la via ferrata dalla Dora Baltea a Vercelli, unico mezzo di comunicazione che ancor mi restasse al fin di ritirarmi dopo sorvegliate sino all’ultimo le operazioni anzidette, essendo stata posta a mia disposizione una macchina a vapore. Ma neppur quella giudicai avesse a risparmiarsi, onde io ordinava, che le traversine a tratti a tratti fossero scalzate da S. Germano a Saluggia, e poscia provvidi per l’allagamento della vallata di Dora in ultimo riservato, all’oggetto di ridurre a tre soli punti il passaggio del fiume, nel caso in cui, superati gli ostacoli sudescritti gli Austriaci si fossero avanzati per tragittarlo, punti che erano dominati dagli improvvisati fortilizi da Rondizzone alla Torrazza: sicché la superficie occupata dalle acque di allagamento contò 450 chilometri quadrati, operato in pochi giorni.”

“Ricorderò sempre con compiacenza che, se nel compiere la mia ardua missione in pochi luoghi s’incontrarono malumori ed opposizioni, scomparsi sempre, più a fronte della persuasione che della forza, in generale posso rendere testimonianza, come ovunque trovassi abnegazione e buon volere, che torna ad elogio del carattere piemontese, pronto per la patria a qualsiasi sacrificio.”

“Nel corso delle mie operazioni lungo le terre di Santhià ebbi pure ad avvertire una non comune coincidenza di arrotini Tirolesi e di altri occulti emissari nemici, che per incantesimo scomparvero nell’avvedersi adocchiati sospettosamente. “ “Siffatte esplorazioni erano furiere delle ricognizioni militari dappoi operate il 3 maggio dopo l’arrivo degli Austriaci a Vercelli, avvenuto il dì prima, con proposito di una scorreria a Torino di cui pubblicamente si vantavano, quasi già se ne trovassero in possesso.”

“E bisogna dire che ciò nonostante essi non credessero all’estensione ed importanza dell’allagamento, poiché, ingrossando sempre più le loro truppe al di qua della Sesia, nel mattino dell’8 maggio un loro corpo dirigevano verso Biella, e circa 45 mila uomini con duecento cannoni, parte muovevano verso Saluggia e Cigliano e più numerosi verso Casale, mentre alle due pomeridiane il fedel maresciallo Giulay col quartiere generale si stanziava in Vercelli.”

“Appena però constata la cosa, cui si aggiunse a inaspettato concorso che ne ingrandì l’efficacia, cioè dirotte e frequenti piogge, si avvidero ben presto come dovessero al loro piano prediletto rinunziare, contro cui trovarono un ostacolo quanto imprevisto altrettanto insormontabile, e perciò dare altra direzione alle loro mosse.”

“Perché si spiega il repentino loro indietreggiare fin dalle ore 11 del giorno seguente, col loro parco d’assedio e moltitudine di salmerie, dopo di avere, a fronte degli ostacoli sulle vie dirette minacciato di raggiungere Torino col giro vizioso di Ivrea, sloggiando anche il generale Giulay alle ore 5 mattutine e trasportando il quartiere generale a Rossasco, lasciati non più di 6 mila uomini in città e suo perimetro a continuarvi le moleste loro requisizioni.”

“Se invece di pochi giorni più lungo tempo fosse stato concesso, l’allagamento avrebbe potuto estendersi fino alla sponda destra della Sesia, occupando così tutto il tratto di terreno segnato in verde sul tipo anzi indicato. E gran parte del Novarese con tutta a Lomellina avrebbe pure potuto essere inondata, ove si avessero avute disponibili le acque che mediante l’attuazione del progettato canale del Po presso Chivasso, saranno condotte sotto a Turbigo per versarsi nel Ticino od anche progredir oltre.”

“Così a due soli sarebbero stati ridotti i passi all’invasione Austriaca, per Arona cioè con direzione Biella e pel Piacentino. Anzi, questa ultima via soltanto loro sarebbe avanzata, poiché al giungere a Biella avrebbero trovato a barriera l’allagamento che poteva operarsi colle acque del Cervo e dell’Elvo.”

“Dal fin qui esposto appare manifesto quante risorse presenti a disposizione naturale del nostro Paese per improvvisare una regolare difesa, o come alcune opere appositamente coordinate: con pochi punti fortificati possano costituire, ad esempio dell’Olanda, un sistema permanente di difesa cui ricorrere all’occorrenza, e renderlo per tal modo in breve tempo racchiuso in un arco accessibile alle invasioni di armate nemiche le quali si avanzassero dalle pianure orientali.”

“Al che accennava molto opportunamente il Ministro commendatore Lanza nel frammento del suo dispaccio del 27 maggio 1859, così concepito: “All’oggetto poi di dimostrare l’importanza delle operazioni in discorso, il sottoscritto prega il cav. Noè di stendere in proposito una ben circostanziata relazione, cui faranno corredo i documenti che si sarà procacciati, onde si possa in casi di contingenza avvenire avervi ricorso”.

“Crederei poi mancare a giustizia se nel chiudere della presente non segnalassi l’attività patriottica e disinteressata da me incontrata nei miei dipendenti, aiutanti ingegneri Cortellazzi, Ferraris e Vagliengo, nel concorso della Società generale di irrigazione all’Ovest della Sesia, rappresentata dal suo Presidente medico Vincenzo Verga, il quale in tutto si prestava sebbene per avventura potesse trovarsi in urto cogli interessi sociali non che nell’operoso e valente direttore della Società stessa geometra Dusnasi, e suoi dipendenti geometra Ara e Pozzi i quali impiegati tutti non la risparmiarono a fatiche e disagi in qualsiasi ora di giorno o di notte, prendendo anzi nuova lena a fronte degli incomodi e privazioni che incontravansi pel procedere urgente e regolare del servizio, corrispondendo ottimamente agli incarichi delicati che io loro affidava e prestandosi con tutta l’alacrità desiderabile.”

“Onorevole menzione è pure dovuta alla straordinaria attività spiegata dalla Impresa Gianoli e Faja nell’eseguimento dei lavori a lei affidati .”

Grande ed inopinata fu la sorpresa dell’esercito austriaco di fronte all’imprevisto ostacolo e ne abbiamo notizia nel gustoso episodio riportato nei ricordi dello scrittore vercellese Achille Giovanni Cagna dei primi ufficiali austriaci entrati in Vercelli affollantisi nella bottega del libraio Levi per requisire le carte geografiche della regione a cercare i confini di quel “laco“ che non esisteva nelle carte distribuite dal loro stato maggiore. In meno di cinque giorni, dal 25 al 29 aprile vennero dunque allagati 45.000 ettari di terreno mediante “settantotto” sbarramenti di canali e colatori, migliaia di piccole chiuse agli sbocchi terminali dei fossi irrigatori, centinaia di interruzioni stradali e ferroviarie.

La planimetria al 25 mila allegata alla relazione Noè dà una serica indicazione della zona allagata e dei punti in cui vennero attuati gli sbarramenti. Anche dopo il 29 aprile l’acqua continuò affluire nelle campagne alimentata anche dalle piogge torrenziali: provvidenzialmente le operazioni colturali avevano già sommerso i terreni destinati alla coltura del riso.

Tenendo come base la lunghezza (Km. 20 circa) del Naviglio Ivrea dalla Rocca di Cigliano sino all’altezza di Santhià (il cui territorio è stato certamente, almeno in parte, allagato, come è indicato nella stessa relazione) e tenuto presente che (come risulta dalla azione) è stato allagato anche il territorio di Crescentino (Km. 16 ca), si può arguire che sia stato inondato tutto il territorio compreso tra la Dora Baltea (dalla Rocca di Cigliano fino alla sua confluenza nel Po), il Naviglio d’Ivrea (dalla stessa Rocca di Cigliano o al confine a Nord del territorio di Santhià) ed una linea che, partendo dal confine di Santhià, includa i territori di San Germano: Vercellese, Salasco, Sali, Lignana e Desana, per risalire, attraverso Grangia di Lucedio, a Crescentino.

Per l’allagamento del territorio l’ing. Noè, così scrive nella a relazione, aveva calcolato di avere a disposizione «un corpo acqua di 1560 e più moduli (Albertina, uguali a litri 58) corrispondenti a metri cubi 90 e più per minuto secondo». Questa portata era ripartita per mc. 55 al Canale Depretis (che nell’anno 1858 era stato ampliato per aumentare la portata da mc. 18 a mc. 55 Carta corografica italiana; pag. 16), e per mc. 18 circa a ciascuno degli altri due canali di Ivrea e del Rotto.

A soli cinque anni dalla costituzione dell’Associazione d’Irrigazione Ovest Sesia, il cui funzionamento non aveva ancora potuto, così breve periodo di tempo, determinare quel processo di sistemazione e livellazione dei terreni che doveva poi compiersi gradualmente e progressivamente in un lungo periodo di anni, occorre pensare che l’acqua, convogliandosi verso le parti più depresse (come indica appunto l’ing. Noè nella sua relazione) abbia creato qua e là i veri e propri laghi, come deve essere accaduto nella zona di Crescentino, il cui territorio e sue adiacenze al passo della Dora di S. Anna (così riferisce il Noè) fu di fatto letteralmente convertito un lago.

Dalla relazione risulta che il territorio primamente allagato quello di Crescentino e sue adiacenze, “avvegnachè io reputassi, scrive il Noè, essere questa la prima barriera da frapporsi all’avanzamento del nemico su Chivasso”. Per allagare questa zona è assai probabile che siano state convogliate forti quantità d’acqua nella Roggia Camera (che deriva dal Canale del Rotto, nei pressi di Saluggia), creando poi sulla Roggia stessa degli sbarramenti a valle del territorio di Crescentino, inondando così la zona contigua al Po, mentre la parte superiore venne allagata a mezzo del Naviletto di Saluggia, alimentato colle acque derivate dal Depretis e dal Rotto.

L’inondazione della zona centrale fu operata con sbarramenti sul Naviglio d’Ivrea e sul Depretis, nel loro tratto a monte del territorio di Santhià, determinando così anche lo straripamento dei loro canali secondari, fra i quali il Naviletto di Asigliano servì molto bene all’inondazione del vasto territorio di Tronzano, Crova, Salasco, Sali, Lignana e Desana. Per ultimo (allo scopo di consentire alla Cavalleria Piemontese la ritirata da Vercelli a Cigliano) fu allagato il territorio di Santhià e di San Germano, ricorrendo anche qui agli sbarramenti sul Naviglio di Ivrea e del Depretis.

In ogni caso i punti di sbarramento furono determinati in relazione alle pendenze dei singoli canali, alla conseguente ampiezza della zona di rigurgito, e alla altimetria del canale rispetto alla zona adiacente. Si può, infine, ritenere per certo che, fissata la zona di allagamento, l’operazione abbia avuto luogo da valle a monte, sia per opporre subito al nemico, nel punto a lui più vicino, l’ostacolo all’avanzata, sia per consentire agli operatori il ritiro dietro la zona allagata.

Per completare e rendere più efficace l’operazione di allagamento furono anche interrotte in vari punti le strade provinciali e comunali operando tagli larghi due metri, profondi centimetri venti più dei fossi laterali, questi tagli ebbero un duplice effetto: quello di consentire il passaggio delle acque da un lato all’altro della strada (ché, essendo normalmente le strade alquanto sopraelevate sul piano di campagna, le acque avrebbero trovato in esse un ostacolo alla loro espansione); e quello di determinare, riempiendosi di acqua, un più grave impedimento al passaggio delle truppe, per cui l’avanzarsi di un corpo d’armata non poteva essere che faticoso e lento, come lo provò il fatto allorquando le nostre truppe dovettero spiegarsi verso la Sesia.

Ma è anche importante osservare che (pure essendo stato previsto che allo stato delle cose due o tre giorni potevano bastare a determinare il nemico a rinunciare il suo progetto di irrompere su Torino) le conseguenze dello allagamento sarebbero state di troppo effimere se non si fosse provveduto ad assicurare il ristagnamento delle acque, le quali, altrimenti, seguendo il naturale declivio dei terreni, si sarebbero rapidamente smaltite verso i colatori naturali del relativo bacino.

Ed è a ritenere che questa operazione abbia presentato tecnicamente difficoltà maggiori che non l’operazione stessa di allagamento.

Anche su questo punto la relazione dell’ing. Noè è di una laconicità che a noi, a cui interesserebbe ricostruire l’episodio in tutti i suoi particolari, sembrava eccessiva; egli infatti si limita a dire: “Però, siccome la efficacia dei mezzi adoperati doveva pure dipendere dal continuo stagnamento delle acque, naturale conseguenza della chiusura degli sbocchi distributori delle acque di irrigazione, perciò io vi provvidi ordinando custodi che li sorvegliassero, ed acquaioli per la continua immissione delle acque.”

Lo scopo di determinare il continuo stagnamento delle acque venne quindi raggiunto provvedendo, da un lato, alla continua immissione dell’acqua sul territorio mediante gli sbarramenti compiuti sui canali principali e la conseguente esondazione e, d’altro lato, chiusura dei canali distributori, affinché le acque, che si sarebbero altrimenti convogliate in essi come viene praticato agli effetti della irrigazione, non si disperdessero fuori del territorio sul quale interessava che esse si mantenessero stagnanti.

Nei riguardi del territorio allagato, è da ritenere che la inondazione non abbia determinato gravi danni ai proprietari dei fondi, né perdite considerevoli di produzione.

Ciò si può desumere sicuramente da ciò che l’Assemblea rappresentativa dell’Associazione d’Irrigazione Ovest Sesia, discutendo in seduta 27 settembre 1860 la fissazione del prezzo dell’acqua usata in detto anno, approvò dopo lunga discussione il seguente ordine del giorno: “L’Assemblea delibera che siano fatti i passi necessari per ottenere dal Governo una qualche diminuzione nell’affitto delle acque”. Esiste invero negli atti dell’Associazione una bozza di memoriale che, in relazione alla preindicata deliberazione dell’Assemblea, era stato predisposto dal presidente medico Vincenzo Verga; ed in esso si legge: “nel citato mese tutte le operazioni agricole proprie della coltivazione a riso si trovano pressoché terminate; così il terreno è già preparato, i fossi sono espurgati, pronti gli incastri e tutto il rimanente voluto per questo genere di coltivazione.

Nell’eseguimento della prenotata inondazione tutte queste opere per necessità vennero o distrutte o moltissimo danneggiate, perché le acque irrompenti con più rapido corso e sotto maggior volume ruppero le sponde dei canali, obliterarono i fossi, cosparsero del loro limo infecondo il terreno, in guisa che al ritiro delle acque susseguente al ritiro dell’esercito nemico si dovettero rifare i lavori, rispurgare i fossi, rinnovare gli incastri con gravi spese dei proprietari membri della Società di Irrigazione. Si aggiunga a tutto questo che, non essendo le acque dirette né frenate, portando i lamentati guasti ove impetuose irrompevano, lasciavano poi altre terre associate all’asciutto fuori del perimetro dell’allagamento. Queste per essere già preparate per la seminagione ed irrorate dalle piogge che in quei giorni caddero frequenti, vennero coperte da molte erbe parassite, la cui mondatura cagionò ai proprietari molta perdita di tempo ed una spesa doppia della ordinaria. Come bene si scorge, consimili danni sofferti dai membri formanti la Società di Irrigazione sono abbastanza gravi per meritarsi la attenzione del signor Ministro.

Ora il fatto che nella enumerazione e rilievo dei danni dell’allagamento, al fine di ottenere qualche facilitazione o sgravio finanziario dal Governo, il Presidente dell’Associazione non abbia minimamente accennato ad un danno qualsiasi di produzione e di raccolto, giustifica di ritenere che simile danno non siasi verificato.

Sembra anzi che il raccolto del riso sia stato nel 1859 particolarmente abbondante, perché nella relazione sul bilancio consuntivo di detto anno, discusso dalla Assemblea rappresentativa dell’Associazione in seduta 15 settembre 1860, si legge: I proventi delle risaie irrigate a luce libera (per le quali il canone di irrigazione era, a quell’epoca, stabilito in una quota parte del raccolto) furono calcolati nel bilancio preventivo in lire 37 mila, ma il seminerio imprevisto di alcune regioni, il piuttosto abbondante raccolto del riso, ed una eccedenza sul presunto valore del medesimo hanno portato la rendita a lire 68.826,22 col ragguardevole aumento di lire 31.826,22.

Poiché si è accennato al memoriale che il Presidente della Associazione aveva predisposto per richiedere al Governo una qualche diminuzione del fitto delle acque, è bene aggiungere che molto probabilmente detto memoriale non venne neppure presentato, non esistendo negli atti della Associazione alcuna traccia né dell’invio del memoriale (del quale risulta soltanto che fu comunicato in via privata al cav. ing. Noè, per il suo preventivo esame), né di una risposta qualsiasi del Ministero. E’ certo, ad ogni modo, come risulta dal citato bilancio consuntivo della Associazione per l’anno 1859, che non ebbe luogo alcuna facilitazione.

Non sarebbe giusto chiudere questi brevi appunti senza ricordare che gli agricoltori vercellesi (i quali, all’epoca dell’allagamento, incerti sulle successive vicende, potevano molto fondatamente penare che i danni di esso sarebbero stati assai più gravi di quanto, poi, in realtà risultarono), non solo non crearono difficoltà per l’inondazione dei loro campi, ma ne aiutarono anzi l’eseguimento.

Di tale concorso dell’Associazione Ovest Sesia trovasi anche senno nel suindicato memoriale del suo presidente medico Verga, del quale si legge: “Quando, allo scopo di arrestare la austriaca invasione che s’avanzava minacciando le provincie più interne del Regno, venne organizzato quel sistema di provvisorio allagamento, che tanto valse a sconcertare i piani del nemico che erano diretti ad irruzione sulla Capitale del Regno, l’Amministrazione della Società d’Irrigazione, interprete sincera dei sentimenti di tutti i suoi membri, e seconda a nessuno lorchè trattasi di cooperare alla sicurezza e alla, gloria della Patria, non solo applaudiva al progettato allagamento, ma immantinente mise a disposizione del Governo i propri impiegati onde, e più presto e con maggior sicurezza, ottenere l’intento da tutti desiderato. Né di ciò paga, l’Amministrazione volle concorrere anche nell’anticipare il pagamento delle spese occorse, le quali in tempi come quelli tanto straordinari avrebbero forse incontrato difficoltà per essere nei modi consueti liquidati.

Anche il Boggio (op. cit.), la cui testimonianza acquista tanto maggior valore in quanto la sua Storia è stata scritta subito dopo ‘avvenimento e sotto l’immediata impressione delle condizioni in cui esso si era compiuto, scrive: «E fu mirabile veramente la accondiscendenza e la abnegazione delle popolazioni. Cotesta inondazione era per esse un danno immediato ed un pericolo futuro; pure, non una resistenza, non un lamento, ma sì invece una nobile e meravigliosa gara nel secondare gli agenti governativi incaricati di quest’opera di distruzione».

Ed a riconoscimento di questo nobile comportamento la Città li Vercelli venne insignita della Medaglia d’oro.

Gli Austriaci inseguiti e raggiunti dai Piemontesi furono battuti a Palestro il 30 maggio e la musa popolare celebrava l’avvenimento con la canzone:

“EI Giulay l’à turnà ‘n dré cun la pauta tacà i pé”.

Documenti citati nella relazione dell’Ing. Carlo Noè
(all. 1) Documento n. 1
Ministero delle Finanze
287 conf.le

Addì 22 aprile 1859

Secondo le intelligenze prese dal sottoscritto col signor Ministro della Guerra, il signor Ispettore Capo Noè si compiacerà di mettersi a disposizione del prelodato signor Ministro, per eseguir quegli ordini che gli verranno dal medesimo trasmessi, non senza; però prevenirne questo Ministero, tuttavolta che le circostanze gliele permettano.
Il Ministro f.to: G. Lanza

(all. 2) Documento n. 2
Ministero della Guerra
Segretariato generale
Div. Gabinetto
n. 100 confidenziale

Nell’interesse della difesa dello Stato necessita imperiosamente di impedire l’avanzamento dell’Armata Austriaca dalla Sesia alla Dora Baltea con tutti i mezzi possibili. Fra questi, uno dei più pronti ed efficaci si è l’allagamento delle campagne con la devastazione delle strade, onde rendere su d esse impraticabile il passaggio, servendosi delle acque dei canali Demaniali derivati dalla Dora Baltea. Egli è a questo fine che il sottoscritto Ministro della Guerra si rivolge all’Ispettore delle Finanze cav. Noè, incaricato del servizio dei canali Demaniali d’irrigazione, richiedendolo di far tosto eseguire tutte le operazioni occorrenti a rendere allagata la pianura Vercellese irrigata dalle acque dei detti canali, e di praticare tutte quelle devastazioni di strade che crederà adatte a far meglio conseguire il supremo scopo che si ha di mira. A rimuovere gli ostacoli che potessero frammettersi dalle popolazioni, il sottoscritto munisce il predetto cav. Noè di una chiesta alle Autorità civili e militari, con invito di prestargli assistenza e man forte nell’esecuzione dell’importantissima incombenza i cui si tratta. 11 sottoscritto autorizza lo stesso cav. Noè delle spese occorrenti per tutte le operazioni a disimpegno della prescritta richiesta.
F.to: Alfonso La Marmora

111. 3) Documento n. 3
Ministero della Guerra
Segretariato generale

Il sottoscritto richiede le autorità civili e militari di prestare assistenza e mano forte al cav. Noè Ispettore Ingegnere Capo delle finanze dello Stato nel disimpegno delle incombenze affidatagli da a questo Ministero.
F.to: Alfonso La Marmora

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