Il Canale Cavour

L’idea della derivazione di acque dal Po per l’irrigazione del basso Novarese e della Lomellina è dovuta al felice intuito dell’agricoltore vercellese Francesco Rossi.

Alla originalità dell’idea Francesco Rossi applicò una tenace volontà e un’attività infaticabile; dal 1842, per cinque lunghi anni, percorse con un semplice livello ad acqua i territori fra il Po e il Sesia per rilevare la pendenza da lui solo divinata. Impressiona e commuove l’azione di questo precursore attraverso le parole del figlio: «Egli solo, umile pellegrino, schernito quale pazzerello dalla plebaglia saccente ed ignorante, si vide perlustrare quelle regioni con l’unica compagnia di un servo, ed ora meriggiare sotto un albero, ora dissetarsi ad una fonte, ora pernottare in una catapecchia».

Tre importanti canali, derivati dalla Dora Baltea dotavano il Vercellese di 90 metri cubi d’acqua al secondo: l’Ivrea il Cigliano ed il Rotto, dominando tutto il territorio che si estende sino al Po. Con questi canali, e segnatamente con quello di Cigliano ingrandito nel 1853, si operava nella primavera del 1859 l’inondazione del Vercellese a difesa dell’avanzata austriaca verso la capitale del regno.

Oltre il Sesia, fino al Ticino, il Novarese e la Lomellina erano principalmente irrigati dai Roggioni Mora, Rizzo Biraga, Busca e di Sartirana derivati in sponda sinistra del Sesia, nonché dal Naviglio Longosco con origine dal Ticino a sponda destra con scarse possibilità di altre utilizzazioni dai torrenti e dalle fontane che solcano quel vasto territorio. Mentre la Dora Baltea, ricchissima di acque nella stagione estiva, assicurava al Vercellese una continuità dell’irrigazione le magre estive del Sesia pregiudicavano i raccolti anche nella pur limitata parte del territorio Novarese e Lomellino dominata dalle acque del Sesia già impoverito dal decrescere progressivo dei ghiacciai del Monte Rosa da cui ha origine.

Il Governo Piemontese fin dal secolo XVIII promuoveva studi col proposito di sussidiare il territorio con le acque del Canale di Cigliano. Tale proposito, abbandonato allora, fu richiamato e compiuto con l’ampliamento del canale negli anni 1858 ‘59 a 45 metri cubi secondo per alimentare il fiume Sesia alla presa del Roggione di Sartirana in territorio di Palestro a favore della bassa Lomellina.

L’idea della derivazione di acque dal Po per l’irrigazione del basso Novarese e della Lomellina è dovuta al felice intuito dell’agricoltore vercellese Francesco Rossi.

Nacque Francesco Rossi nel 1794 in Scavarda e dopo incompiuti studi di geometra si avviò all’agricoltura, prendendo a fitto alcuni poderi ed assumendo poi l’incarico di agente generale del Marchese Michele Benso di Cavour per la Tenuta di Leri, che mantenne per 16 anni consecutivi finché la conduzione del tenimento venne assunta dal Conte Camillo, distolto pare dal padre già cagionevole di salute dalla vita brillante e frivola della capitale piemontese. Il Rossi assunse allora in affitto alcune terre del Capitolo Metropolitano di Vercelli, ed appunto in tale periodo, intorno al 1842, maturò l’idea luminosa di trarre profitto dalle acque del Po per fecondare la Lomellina ed il Basso Novarese.

Alla originalità dell’idea Francesco Rossi applicò una tenace volontà e un’attività infaticabile; dal 1842, per cinque lunghi anni, percorse con un semplice livello ad acqua i territori fra il Po e il Sesia per rilevare la pendenza da lui solo divinata. Impressiona e commuove l’azione di questo precursore attraverso le parole del figlio: « Egli solo, umile pellegrino, schernito quale pazzerello dalla plebaglia saccente ed ignorante, si vide perlustrare quelle regioni con l’unica compagnia di un servo, ed ora meriggiare sotto un albero, ora dissetarsi ad una fonte, ora pernottare in una catapecchia » (1).

Ritratta da quei suoi rilievi materia per confermare che, contrariamente alla opinione corrente, il livello del fiume Po è al di sopra di quello del Sesia, il Rossi si fa ricevere a Torino dal Ministro Revel, gli espone il suo progetto ed ottiene l’incarico di eseguire un livellamento ed il progetto di massima, che esegue e consegna nel 1846, dopo aver rifatto per ben due volte, con i rudimentali strumenti di allora, i rilievi altimetrici e planimetrici. La presa dell’acqua doveva farsi, secondo il Rossi, poco a valle della confluenza della Dora Baltea nel Po, al di sopra di Crescentino. Di qui il canale doveva proseguire il suo corso da ponente a levante sino alla Cascina Stella, fra Salasco e Venaria, percorrendo i territori di S. Grisante, S. Genuario, Apertole e Leri; dalla Cascina Stella doveva volgersi verso nord est sino alla sponda destra del Sesia, fra Albano ed Oldenico, solcando le terre di Selve, Castellone, Olcenengo e Collobiano ed attraversando con apposite chiuse i torrenti Elvo, Cervo ed il fiume Sesia; protrarsi da ovest ad est fino alla sponda destra del Ticino, toccando i territori di Casalvolone, Agogna, Novara, Romentino e Trecate, con una lunghezza di 70 chilometri la larghezza di m. 24 e la pendenza totale di m. 24,80.

Il Ministro Revel riceve il progetto Rossi ed incarica l’ispettore alle Finanze Carlo Noè, allora direttore di tutti i canali del Vercellese, e successivamente un collegio di quattro ingegneri di procedere al compimento degli studi relativi alla nuova derivazione dal Po. Nel congresso generale agrario del 1846 in Mortara si plaude al progetto e si esprime un voto di ringraziamento al Re, congratulazioni di autorità e di personalità si susseguono e, sommo ed insperato onore, Re Carlo Alberto riceve il Rossi felicitandosi e promettendo un premio alle sue fatiche.

Prima cocente disillusione, giunge il rovescio di Novara con l’abdicazione del Re. Svanite le promesse, tocca al Rossi la sciagura del sequestro da parte del governo provvisorio di Milano, nella prima ritirata delle nostre truppe del 1848, poco prima dell’armistizio di Salasco di una grossa quantità di riso del valore di ben diciotto mila lire, di cui non videro più un baiocco né egli né la sua Famiglia».

Francesco Rossi, ridotto alla miseria e desideroso di veder compiuta l’opera sua picchia alle porte del Parlamento, ottenendo il 3 Ottobre 1849, l’esame di una petizione per ottenere un equo compenso alle fatiche e per sollecitare il governo a far mano all’esecuzione del suo disegno, oppure a concedergli la facoltà di effettuarlo per via di azioni. Aveva già ricevuto il Rossi lire 1500, forse neppure sufficienti a compensarlo delle spese incontrate per lo studio del progetto.

Agostino Depretis, membro relatore della giunta incaricata di vagliare la domanda, riconosce con lusinghiere espressioni l’opera del Rossi e conchiude il rapporto della commissione con una istanza al Ministero dei Lavori Pubblici per la pronta esecuzione dell’opera e per un equo compenso al petizionario.

Il 14 Giugno 1853, discutendosi alla Camera il disegno di legge per la concessione in affitto delle acque demaniali derivate dalla Dora Baltea a favore dell’Associazione di Irrigazione all’Ovest del Sesia, Cavour, Ministro delle Finanze, rispondendo alla domanda del Deputato Cavallini, ricorda il progetto Rossi, lo giudica inattuabile e comunica che il Ministero ha dato le opportune disposizioni onde il progetto del nuovo canale sia compilato secondo un’altra idea concepita dall’Ingegnere Noè, al quale è stato affidato l’incarico.

Si riteneva infatti che il progetto Rossi si dovesse abbandonare, prevedendo esso la derivazione del canale inferiormente allo sbocco della Dora Baltea nel Po presso Crescentino, siccome non abbastanza rispondente alle esigenze a cui doveva servire. Cadono le ultime speranze del Rossi, che stende, in una relazione dello stesso anno 1853, l’esame critico del progetto Noè, rilevando:

  1. “La spesa di questo nuovo canale sarebbe di gran lunga maggiore di quella del mio progetto, atteso il passaggio costosissimo della Dora Baltea ed il prolungamento della linea di detto canale dai 12 ai 15 mila metri lineari;”
  2. “ Sarebbe improvvido l’abbandono delle acque della Dora, indispensabili, nei maggiori caldi alla alimentazione del canale; imperocché nel Po presso Chivasso non trovasi nelle maggiori magre che un ottanta ruote d’acqua all’incirca, e perciò non sufficienti ai nostri propositi. La qual cosa è conosciuta da tutti quelli che hanno fatto studi sulle acque del Po e della Dora Baltea.”

«Forse il Sig. Noè colla sua modificazione pretende portare le acque in luogo più elevato pel Novarese. Ma anzitutto l’acqua gli mancherà. E poi non è forse vero che vi sono canali posti in regione elevatissima, derivati dai fiumi Sesia, Agogna e Terdoppio, quali, per esempio, la Roggia Mora, la Busca, la Rizzo Biraga ed altri? Orbene, il Governo potrebbe acquistare canali ed irrigare con essi le terre superiori al canale del Po, secondo il mio disegno, mentre di quelle acque più non avrebbero bisogno le terre inferiori al medesimo. Così non si sprecherebbe una somma enorme colla certezza di restare senza acque nei maggiori bisogni».

Le vicende politiche fino al 1861 assorbirono il grande ministro nella sua missione unificatrice della Patria, il progetto del canale fu accantonato e, nel fervore dei grandi eventi della vita nazionale, l’umile Francesco Rossi è travolto dalle miserie della vita quotidiana, perde il posto di economo alla Mandria, dopo due anni di tribolazioni ottiene da Cavour la nomina ad aiutante ingegnere delle finanze, ma dopo due mesi il 15 Febbraio 1858, muore in indigenza e solitudine a Torino, lontano dalla sua casa e dalla sua famiglia. Quattro mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia il 6 Giugno 1861, si spegne, dopo aver portato a termine una immane opera di statista e di politico, Camillo Cavour; verso la fine dello stesso anno si riprende ad agitare il problema del nuovo canale, si riparla del progetto Noè e su di esso si imposta la costruzione di una Società anonima con capitali inglesi, la “Compagnia dei Canali d’Irrigazione Italiani Canale Cavour” con lo scopo di costruire il nuovo canale dal Po, ottenere la concessione dei canali del governo derivanti dalla Dora Baltea e dalla Sesia, goderne la gestione per 50 anni, per consegnarli dopo tale data in proprietà dello Stato.

Firmata la convenzione preliminare il 9 Maggio 1862 dal Ministro Sella in unione al Ministro di Agricoltura Industria e Commercio Pepoli con i rappresentanti la Società inglese il Governo presenta alla Camera dei Deputati nella tornata del 9 Giugno 1862 il progetto di legge “relativo alla concessione per la costruzione di un canale d’irrigazione da derivarsi dal Po a Chivasso, a beneficio dell’Agro Vercellese e Casalese, Novarese e Lomellino colla simultanea cessione della disponibilità dei canali demaniali derivati dai fiumi Dora Baltea e Sesia”.

Recita la relazione sul progetto di legge: “ Nuovi studi, per incarico e sotto gli auspici del compianto conte Cavour, a quell’epoca Ministro delle Finanze, venivano intrapresi nel 1853 dal solerte ingegnere Carlo Noè, attuale ispettore capo del servizio dei canali demaniali, il quale compilò il progetto che ora si tratta di mandare ad esecuzione”.

«A seconda di questo progetto, preparato e reso di pubblica ragione sin dal 1854, il canale che si intende derivare piglia origine dal Po presso Chivasso, attraversa l’agro Vercellese ed il Novarese per gettarsi nel Ticino presso Galliate dopo un percorso di 85 chilometri, con una caduta di circa trenta metri. Cotesto Canale deve servire all’irrigazione di una superficie, situata sulla sua destra, di ettari 110.000 circa di terreni sugli agri Novarese e Lomellino che ne difettano del tutto, ed a soccorrere quella parte degli agri medesimi di 6.000 ettari all’incirca, che ne è insufficiente mente provveduta”.

“Il Canale è pure in grado di apportare il beneficio dell’irrigazione alla pianura tra Casale e Valenza che tutt’ora ne è priva, della superficie di oltre 11.000 ettari, e di valicare occorrendo il Ticino, là ove fa capo, per scorrere utilmente una vasta zona asciutta della pianura lombarda sovrastante al Naviglio grande di Milano”.

Prosegue la relazione con le considerazioni dell’obbligo del Governo di perseguire opere di «vera utilità pubblica», quali grandi canali d’irrigazione, alle quali è insufficiente da sé la speculazione privata, nonché «di intervenire coi mezzi propri o direttamente con la guarentigia di interesse nella costruzione dei grandi canali dai quali dipende lo svolgimento della pubblica ricchezza».

Giustificato poi, per le vicende politiche posteriori al 1853, ritardo all’esecuzione dell’opera malgrado avanzate trattative mentre era in corso di studio il progetto con una società di capitalisti francesi ed inglesi, e posta in evidenza la vera importanza del canale dopo le annate di siccità che sopravvennero e l’aumento costante delle derrate agricole, si riferiscono i patti della convenzione intesa il giorno 9 dal mese di maggio 1862 tra i Ministri d’agricoltura, d’industria e commercio e delle finanze da una parte ed i Signori L.col. William Campbell Onslow, William Walter Cargill, Patrik Douglas Hadow, John Mastermann, Henry Bonnaire e Edxin Nichols, dall’altra.

Con essa, oltre alla concessione per la costruzione del canale a norma del relativo progetto, veniva altresì pattuita la cessione della disponibilità di tutti i canali che il demanio dello Stato possiede nel Vercellese e nella Lomellina stabilendosi il capitale della concessione ad 80 milioni di lire, di cui 53.400.000 assegnati a cottimo per la costruzione del canale, lire 6.300.000 da impiegarsi, salvo giustificazione, all’apertura delle diramazioni del canale stesso ed all’acquisto di canali privati nel Novarese ed in Lomellina, e le rimanenti lire 20.300.000 a pagarsi allo Stato qual corrispettivo della cessione dei canali propri. Sull’intero capitale di 80 milioni di lire veniva garantito l’interesse del 6 per cento nel periodo di 50 anni per cui deve durare la concessione.

Dopo l’analisi del capitale della concessione si indaga sui proventi con la rendita principale dell’irrigazione estiva stimata in lire 40 per ettaro. L’irrigazione, in conseguenza di 120 mila ettari, importa una rendita di lire 4.800.000 alla quale giova aggiungere lire 812.000 per i canali demaniali ceduti alla Società, di lire 200.000 per prodotto dell’acqua jemale e per forza motrice a servizio dell’agricoltura, di lire 100 mila per il maggior prezzo da corrispondersi dalla Società generale di Irrigazione all’Ovest del Sesia per il cambio delle acque derivate dalla Dora Baltea con quella del canale del Po. In totale i proventi, compresa la rendita di lire 100.000 dei canali privati da acquistarsi venivano ritenuti in L. 6.012.000.

Previsto per l’effetto dell’irrigazione un aumento di L. 200 per ettaro dei terreni irrigati, i proventi indiretti, per l’imposta fondiaria per le tasse di registro ed altri oneri venivano calcolati a quattro milioni di lire.

Riconosciute le benemerenze dell’agrimensore Francesco Rossi “siccome quegli che indicò per il primo poter le acque benefiche del Po essere tradotte a vantaggio delle terre tra Po e Ticino, dissipando le credenze contrarie, indotte da erronee statistiche del corso di quel fiume” la convenzione accolla alla società concessionaria l’obbligazione di pagare alla vedova ed ai figli del Rossi, deceduto nel 1858, la somma di lire 50.000.

Il progetto di legge porta una clausola di rilievo per la proibizione di aprire nuovi fontanili scorrenti in trincea ed approfondire od allargare quelli già aperti, oltre i limiti attuali, su tutto il territorio accessibile alle acque del nuovo canale.

Il governo riteneva così di raggiungere due importanti intenti: « l’esecuzione, a mezzo di una privata industria, di un canale dal più lieto avvenire, a cui nelle circostanze presenti non avrebbe potuto egli stesso accingersi, e soccorre con una vantaggiosa cessione dei canali propri alle esigenze dell’erario, colla prospettiva di riaverli dopo cinquant’anni, unitamente al nuovo canale » e ciò indipendentemente dalla ricchezza territoriale che si sarà nel frattempo sviluppata ed all’aumento dei proventi indiretti a favore dello Stato. La relazione illustra poi largamente la natura benefica delle acque del Po, per l’irrigazione, mettendo in rilievo il notevole beneficio per il vercellese dello scambio e la miscela delle acque del Po con quelle dei canali derivati dalla Dora Baltea moderandone la natura eccessivamente fredda per la loro origine dai ghiacciai della Valle d’Aosta, e per l’attitudine alla coltura dei prati marcitoi nella Lombardia.

Dopo amplissima discussione alla Camera ed al Senato, la legge viene approvata. Il nuovo canale del Po dovrà derivare 110 metri cubi al secondo e prenderà il nome di Canale Cavour, « trovando giusto e doveroso dice la relazione della Commissione della Camera di annettere a questa grandiosa opera il nome di quel grande il quale tanti diritti ha alla gratitudine dell’Italia, e può in questo special caso tenersi come il vero creatore del gran progetto, perché senza la sua pertinace costanza esso non esisterebbe ».

Una voce ammonitrice si leva tuttavia al Senato: il senatore Gioia esprime i suoi dubbi che il Po possa dare 110 metri cubi l’acqua secondo il progetto Noè.

Venti metri cubi (poi elevati a 22,5) venivano destinati all’agro Ovest Sesia e gli altri 90 all’agro Est Sesia. Gli altri canali demaniali venivano ceduti alla Società concessionaria per il corrispettivo di lire 20.300.000 col patto che al termine della concessione di esercizio stabilita in 50 anni tanto il costruendo canale quanto i vecchi acquedotti sarebbero ritornati in possesso dello Stato ed alla condizione che frattanto la Società rispettasse la concessione dei ,anali fatta all’Associazione d’Irrigazione dell’Agro Ovest Sesia in Vercelli dal primo gennaio 1854 giusta la legge 3 Luglio 1853 costitutiva dell’Associazione. La Società concessionaria, costituitasi con la ragione sociale” Compagnia generale dei canali d’irrigazione Italiani (Canale Cavour ) “ doveva avere un capitale di 80 milioni in base alla seguente previsione di spesa:

  • Per la costruzione dell’asta principale forfait, compresi gli interessi e le spese per tre anni L. 53.400.000
  • Per il pagamento degli altri canali demaniali L. 20.300.000
  • A disposizione del Governo per la costruzione o l’acquisto dei canali diramatoci L. 6.300.000

Totale L. 80.000.000

La Società era autorizzata a raccogliere il capitale, per 25 milioni mediante azioni e per 55 milioni mediante obbligazioni fruttanti l’interesse del 6 % . Su questo capitale di 80 milioni lo Stato garantì, a partire dal collaudo dei lavori, l’interesse del 6%, nonché una quota di ammortamento nei 50 anni, di L. 0.3444 all’anno per ogni 100 lire effettivamente spese. A richiesta del Governo la Società doveva costruire canali diramatori e raccoglitori e comprare acquedotti o ragioni d’acque: tali opere ed acquisto dovevano essere approvati per legge. I1 Governo si riservava il diritto di stabilire le tariffe dei prezzi delle acque, come pure il diritto di vigilanza sull’esercizio della concessione e di sindacato sulla gestione finanziaria della Società, vigilanza e sindacato che furono organizzati col capitolato esecutivo della convenzione approvato con R.D. 26 Gennaio 1865 n. 2.167.

Verso la fine del luglio 1863 si iniziano i lavori e, superando e gravi difficoltà incontrate nella costruzione di molte opere d’arte, nella primavera del 66, cioè dopo meno di tre anni, le acque del Po decorrono nel nuovo canale fino al Ticino, nel volume di 80 metri cubi al secondo, che si riduce a metri cubi 47 durante la magra del Po.

Ma non si era contemporaneamente riusciti ad acquistare od espropriare i canali esistenti per dirigervi le nuove acque, né a costruire i canali diramatori, pei quali d’altronde troppo scarsi capitali erano stati previsti e l’acqua non trovò impiego che per una parte del suo volume. La Compagnia procedette stentatamente per un anno, e trovatasi in difficoltà finanziarie, con sentenza 17 Luglio 1867 venne dichiarata in fallimento, che però si risolse in un concordato stipulato coi creditori il 30 Novembre 1868, e per effetto del quale, pagati interamente i debiti, rimase un piccolo avanzo per gli azionisti.

Nello stesso anno 1868, tuttavia, la Società per sussidiare nella stagione estiva il Canale Cavour di tutta la possibile deficienza di acqua del Po, che in magre estive verificatesi nel 1866 e 1867 era sceso ad appena 40 mc. costruì il canale sussidiario, cui venne imposto il nome di Farini, derivato dalla Dora Baltea, della lunghezza di poco più di 3 chilometri ma della portata di ben 70 metri cubi, e che costò alla Società circa 1.200.000 lire.

Anche alla mancanza di canali diramatori per distribuire tutta la portata del Canale Cavour si cominciò a provvedere nel 1868, quando la Compagnia aprì il cavo Montebello della portata di metri cubi 10 e della lunghezza complessiva, nei suoi vari tronchi, alcuni preesistenti, di circa Km. 19.

Nello stesso anno 1868 venne aperto a spese di quattro Comuni interessati, il cavo consorziale di Galliate (costato circa 300.000 lire), che poi divenne il diramatore Vigevano e di cui parleremo più innanzi.

In seguito alla legge 18 Agosto 1870, n. 5813, la Compagnia costruì nel 1871 il grande canale cui venne imposto il nome di « Diramatore Quintino Sella » in memoria dello statista realizzatore e continuatore dell’opera di Cavour. II canale, lungo Km. 23,500, fu costruito per la portata di ben 25 30 metri cubi e con la possibilità di utilizzare una cospicua quantità di energia idroelettrica mediante 20 salti di complessivi m. 28,50 in una località industrialmente assai adatta come i pressi di Novara. Nel 1872 e 1873, in massima parte a cura di Consorzi interessati il canale Quintino Sella fu completato con i subdiramatori di Pavia e Mortara, che vennero a tronchi ceduti gratuitamente alla Compagnia e al Demanio contro corrispettivo di temporanee facilitazioni nella dispensa d’acqua. L’opera coi sub diramatori, misura intorno a 75 Km., alimentando antichi cavi di altri 50 Km. di lunghezza.

Dal 1873 al 1874 la Compagnia costruì inoltre un canale derivato in destra del Po presso Casale Monferrato per irrigare 10.000 ettari il terreno fra Casale e Valenza. I1 Canale, che si chiamò «Lanza» fu della portata di 10 mc. ed insieme col derivato « canale Mellana » misurò quasi 27 Km. di lunghezza e costò L. 1.600.000, oltre al contributo promesso dagli utenti in L. 180.000 e pagato solo per metà.

La stessa Compagnia, dal gennaio al maggio 1874, acquistò anche alcuni cavi secondari contro corrispettivi in dispense d’acqua.

Frattanto con la legge 16 Giugno 1874, n. 2002, veniva approvata la convenzione che il 24 dicembre 1872 il Sella, in unione al Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, Castagnola, aveva stipulato con la Compagnia (la quale come abbiamo visto, trovavasi a mal partito) per il riscatto di tutti i canali con effetto dal 1° Aprile 1872. Insieme ai Canali ed accessori, la Compagnia cedette la somma rimasta nelle casse dello Stato su quella assegnata con l’art. 5 della convenzione 7 Marzo 1869 approvata con la legge 31 Dicembre 1870 n. 6180, per le opere complementari del canale, e per i diramatori, la quale somma risultava essere al 31 Marzo 1872 di L. 6.548.569,15, con obbligo per le Finanze di continuare i lavori. Le Finanze, in corrispettivo del riscatto, cedettero alla Compagnia una rendita al portatore del consolidato 5%, con godimento dal 1° gennaio 1872, di annue L. 875.000 ed assunsero a proprio carico pure dal 1° gennaio 1872 il servizio degli interessi e l’ammortamento delle residue 131.460 obbligazioni che la Compagnia aveva emesso per procurarsi il prescritto capitale; inoltre, a definizione di ogni questione relativa ai crediti e debiti fra le parti, riguardante la gestione sociale dal suo inizio al 31 Marzo 1872 ed a transazione di ogni reciproca pretesa, le Finanze si obbligarono a pagare la somma di L. 513.864,72. All’atto della consegna la Compagnia doveva rendere il conto della gestione sostenuta dal 1° Aprile 1872 in avanti.

Tornata l’intera rete dei canali allo Stato, le Finanze ne assunsero la gestione integrale (ad entrate e spese) che avevano tenuto anche in passato quando non affittarono i canali, disciplinandola mercé il regolamento approvato con R.D. 6 Luglio 1874, n. 2004, ferma la concessione dei canali dell’Ovest Sesia alla Associazione di Vercelli, secondo il suo contratto, che fu poi due volte rinnovato. Per la gestione tecnica si servirono tuttavia di personale del Genio Civile, finché con la legge 22 Marzo 1903, n. 120, il servizio stesso non fu passato al personale tecnico di finanza (°nota).

Malgrado opere successive di consolidamento e rialzo di parecchi tratti delle sponde del Canale Cavour, per metterlo in grado di portare effettivamente oltre Sesia i 90 metri cubi di acqua stabiliti dalla Convenzione 9 Maggio 1862, l’agro Novarese Lomellino poté ricevere più di 80 metri cubi, e soltanto nel 1954 col nuovo apporto di acque del Ticino, attraverso la regolazione del Lago Maggiore alla Miorina e la costruzione del Canale Regina Elena con sbocco a Veveri nel Canale Cavour potè essere assicurata al Canale la dispensa del quantitativo di acqua del progetto (1).

Ora che, con mente più serena e con visione retrospettiva, ci accostiamo alle vivaci discussioni ed alle ardenti polemiche dibattutesi in Parlamento, in congressi e nella stampa, dobbiamo riconoscere che il progetto Noè fu inteso ad assicurare, con un tracciato a più alta quota di quello del Rossi, una più ampia superficie domi¬nata ed irrigabile calcolabile in oltre 21 mila ettari ed a ridurre la zona Novarese insufficientemente irrigata con le scarse acque del Sesia, il che giustifica anche la maggior spesa conseguente all’aumentata lunghezza del canale. Uno dei maggiori argomenti del Rossi per affermare la superiorità del suo progetto era l’esatta conoscenza, pubblicamente affermata, delle condizioni di magra estiva del Po, insufficienti ad assicurare la progettata portata del nuovo canale e ciò non ignorava l’ingegnere Noè. Infatti l’idea di ricorrere alla Dora Baltea in caso di deficienza del Po trovasi ricordata dall’art. 29 della convenzione costitutiva della Società, ma i mezzi per ovviare a questa pur prevista deficienza non vennero menomamente studiati ed affrontati parallelamente al progetto del canale, di cui pur dove¬vano essere parte essenziale ed integrante.

Sopite le passioni e riparati gli errori, rimane oggi in noi l’ammirazione per la grande opera compiuta dal piccolo Regno del Piemonte nel travaglio delle guerre di indipendenza e della costituzione del Regno d’Italia e la riconoscenza per gli uomini che la idearono la eseguirono. Gli artefici dell’opera sono ricordati nella targa collocata sulla fronte principale dell’edificio d’imbocco del Canale Cavour a Chivasso con la seguente epigrafe:

Di questo Canale l’iniziativa è merito insigne di Francesco Rossi
gli studi e l’esecuzione
onorano il genio di Carlo Noè
auspici
Ottavio Thaon di Revel
Camillo Benso di Cavour.

Dati tecnici del Canale Cavour

L’edificio di derivazione è situato sul Po a valle del ponte di Chivasso: il canale segue andamento generale da sud est, supera la Dora Baltea con ponte canale e riceve il canale sussidiario Farini, sorpassa il Canale d’Ivrea ed attraversa con tomba sifone il Torrente Elvo.

Prosegue nella Baraggia Vercellese, sottopassa il Torrente Cervo, attraversa i Torrenti Marchiazza e Rovasenda e giunge al 55° chilometro al fiume Sesia che sottopassa con tomba sifone. Entrato in territorio Novarese attraversa le rogge Busca e Biraga e il torrente Arbogna. Dopo Novara si staccano i due grandi diramatori Quintino Sella e Vigevano, dove quest’ultimo, al chilometro 82 riceve il Canale Regina Elena, e poi termina in Ticino.

La temperatura estiva media del canale (150 giorni di irrigazione), in funzione degli apporti del Po e della Dora Baltea, risulta di 17,6°C., quella jemale di 7,1°C.

L’alveo, largo sul fondo all’inizio m. 40 si restringe a m. 20 con la pendenza dello 0,25%, le sponde da m. 2,70 passano a m. 4 di altezza, fino all’incrocio con la roggia Busca oltre la quale la sezione si riduce a m. 12,50 sul fondo e, dopo il Terdoppio, a m. 7,50.

Le sponde rivestite in calcestruzzo hanno pendenza di 1 : 1,5 e le curve raggi sempre superiori a m. 300 fino a m. 1000 in qualche caso.

Gli attraversamenti di strade e canali presentano 210 sifoni, 101 ponti e 62 ponti-canali. Quasi tutti i manufatti sono ancora gli originali ai quali si è provveduto con ottimi materiali e grande perizia costruttiva: i ponti stradali del Vercellese vennero ricostruiti dopo la demolizione attuata nel 1945 dall’esercito tedesco in ritirata. La rete dei Canali Cavour, completata con acquisti e costruzioni dopo il riscatto dei canali della Compagnia concessionaria, si estese particolarmente nel novarese e nella Lomellina e si concluse con la costruzione del Canale Regina Elena nel 1954. Ha uno sviluppo di oltre 1500 Km. dominando una zona irrigabile di 500 mila ettari che consente, nei salti creati lungo il percorso, la produzione di forza motrice per oltre 20 mila HP.

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